Promuovere la diversità

Kelly Reichardt, Ryûsuke Hamaguchi, Hong Sang-soo, Albert Serra, e tanti altri.

date de sortie 09.06.2021

Intorno al 1820, Cookie Figowitz, un esperto cuoco solitario e taciturno, viaggia verso Ovest e alla fine si unisce a un gruppo di cacciatori nel profondo dell’Oregon. Lì, fa amicizia con King-Lu, un immigrato di origine cinese, che pure sta cercando di fare fortuna. Uniranno rapidamente le forze per creare una piccola attività di successo, utilizzando una mucca da latte, molto apprezzata da un ricco proprietario locale, per fare torte.

Chi segue la parabola del cinema indipendente americano sa che l’autrice di First Cow, Kelly Reichardt, è un punto di riferimento inevitabile per una serie sconfinata di autori più recenti. Dopotutto, nel corso di una carriera venticinquennale (sette lungometraggi, inclusi due autentici capolavori come Old Joy e Meek’s Cutoff), la regista di Miami ha costruito un suo personalissimo linguaggio cinematografico, una sorta di Neorealismo che attinge tanto da Roberto Rossellini quanto da Mike Flanagan (n.d.r. regista ancora poco noto alle nostre latitudini), con l’obiettivo di indagare le dinamiche sociali e culturali dell’America contemporanea, senza rincorrere opere di “denuncia sociale”.
da Daniele Lombardi, www.anonimacinefili it.

Lugano

21.03.23 - 20:30, Cinema Iride
⭕ Circolo del cinema Locarno

Mendrisio

22.03.23 - 20:45, Cinema Multisala Teatro
⭕ Cineclub del Mendrisiotto
date de sortie 21.12.2022

Miglior film Cahiers du cinéma 2022 
Sull’isola di Tahiti, nella Polinesia francese, De Roller è l’Alto Commissario della Repubblica, rappresentante dello Stato francese e in quanto tale rappresenta il governo francese. Uomo acuto e dai modi impeccabili, ha sempre il polso dell’umore degli abitanti di Tahiti, qualità fondamentale per intercettare malumori che possono infiammarsi da un momento all’altro, soprattutto quando comincia a girare la voce della presenza di un sottomarino francese che sembrerebbe indicare la ripresa degli esperimenti nucleari. 
Albert Serra si libera delle coordinate temporali, dei costumi, delle parrucche della Francia del Settecento di La mort de Louis XIV e di Liberté, per viaggiare alla volta della Polinesia francese. E sembra quasi ritrovare l’immaginario di Gauguin in fuga, alla scoperta di Tahiti, il paradiso aurorale di un mondo prima dell’inizio della Storia. “Godo tutte le gioie della vita libera, animale e umana. Sfuggo alla fatica, penetro nella natura: con la certezza di un domani uguale al presente, così libero, così bello, la pace discende in me; mi evolvo normalmente e non ho più vane preoccupazioni”. È perfettamente logica, dunque, la rinuncia di Pacifiction a qualsiasi inseguimento affannoso di una temporalità conseguenziale. Proprio perché tutt’intorno è l’Eden, siamo nello spazio che precede il peccato e la caduta. La trama non è che un’infinita divagazione, un alto commissario del governo francese alle prese con una serie interminabile di appuntamenti, incontri, colloqui con personaggi di vario genere. Europei, polinesiani, politici, militari, gente comune. Un continuo discorrere senza un punto. Ma quando non c’è la possibilità racconto, molto spesso non resta che la contemplazione. E così, su tutto, trionfa l’immagine di una natura sublime.
da Aldo Spiniello, www.sentieriselvaggi.it

Bellinzona

28.02.23 - 20:30, Cinema Forum
⭕ Circolo del Cinema Bellinzona
date de sortie 23.11.2022

Seconda metà degli anni ’80, Stella, Etienne, Adèle e tutta la troupe hanno vent’anni. Hanno superato l’esame di ammissione della famosa scuola creata da Patrice Chéreau e Pierre Romans al Théâtre des Amandiers di Nanterre. Lanciati a tutta velocità nella vita, nella passione, nel gioco, nell’amore, insieme vivranno la svolta della loro vita, ma anche le loro prime grandi tragedie.
Coadiuvata allo script da Noémie Lvovsky, Valeria Bruni Tedeschi non prende parte al film come attrice (ed è la prima volta che accade in un’opera che dirige), ma dimostra di aver raggiunto una piena consapevolezza del mezzo soprattutto grazie ad una direzione attoriale che sfiora la perfezione. È un film che non retrocede mai di un millimetro, Les amandiers, imperfetto ma vivo, divertente e triste, trascinante nella scelta di alcune canzoni diegetiche e non (su tutte Le chanteur di Daniel Balavoine, urlata a squarciagola dentro la macchina), di certo atto d’amore verso la scuola e il maestro che l’ha formata (facendola peraltro esordire al cinema con Hôtel de France nell’87), non per questo ritratto apologetico di un uomo, Chéreau, che nella caratterizzazione del sempre bravo Garrel, trova anche sfaccettature di uomo non necessariamente “esemplare”. È l’ulteriore conferma della bontà di un’operazione nostalgia che però non cede mai al ricatto emotivo, magari “sottrae” poco ma – in un certo senso – rispecchia a 360° le caratteristiche della donna, regista, attrice, che abbiamo imparato a conoscere e ad apprezzare nel corso degli anni. Bello, vivo.

Bellinzona

04.03.23 - 18:00, Cinema Forum
⭕ Circolo del Cinema Bellinzona

Locarno

13.03.23 - 18:30, GranRex
⭕ Circolo del Cinema di Locarno

Lugano

28.02.23 - 20:30, Cinema Iride
⭕ Circolo del cinema Locarno

Mendrisio

01.03.23 - 20:45, Cinema Multisala Teatro
⭕ Cineclub del Mendrisiotto
date de sortie 02.02.2022

Orso d’argento per la miglior sceneggiatura Berlino 2021

A Seoul, il giovane Youngho fa visita allo studio del padre, un dottore agopunturista con cui non ha grandi rapporti. Il padre però è impegnato con la visita inattesa di un famoso attore, lo stesso attore che in seguito accetterà di incontrare il ragazzo per fare un favore alla madre di Youngho, preoccupata che suo figlio abbia messo da parte il sogno di diventare attore anch’egli. Nel frattempo, la ragazza di Youngho si è trasferita in Germania per gli studi universitari, approfittando dell’ospitalità di una pittrice amica di sua madre. Con una decisione impulsiva, Youngho la raggiunge a Berlino per discutere la possibilità di trasferirsi per starle vicino.

Il cinema di Hong Sang-soo, a mano a mano che si semplifica, si scarnifica, si riduce all’osso, assomiglia sempre più alla vita, seppur nel velo da fantasma del bianco e nero delle immagini. È ripetizione e minima differenza, è noia e gioia, è malinconia e presenza, luce che si mescola all’ombra, grigio tra il bianco e nero, difetto e perfezione, mancanza e riempimento, vuoto e pieno. È un’eco truffautiana di corse sulla riva e lucidità da ritrovare nell’acqua gelida. Fuori e dentro la parte: “gli occhi, aprili sotto l’acqua, lavali/ con la ruvida tela asciugati e leggi/ sul foglio al muro le righe difficili della tua parte”… È sempre più la leggera follia di un pomeriggio passato a bere, tra amici, senza un obiettivo preciso, se non ritrovare un senso nella perdita di tempo, oltre i fumi dell’alcool. E questo piccolo film che è un’introduzione alla vita, una minuscola parabola di formazione, alla fine, è essenziale come tutte le cose vere. Bevete quanto vi pare, ma non vi ubriacate. Non del tutto.

da Aldo Spiniello, www.sentieriselvaggi.it

Locarno

27.03.23 - 20:30, GranRex
⭕ Circolo del cinema di Locarno
date de sortie 22.12.2021

Oscar 2022 per il miglior film straniero
Premio per la miglior sceneggiatura, Premio FIPRESCI e Premio Giuria ecumenica, Cannes 2021
 
Tratto da un racconto di Haruki Murakami, narra le vicissitudini di Yûsuke Kafuku, un attore e regi- sta, che ha da poco perso la moglie per un’emorragia cerebrale ed accetta di trasferirsi a Hiroshima per gestire un laboratorio teatrale. Qui, insieme a una compagnia di attori e attrici che parlano ciascuno la propria lingua (giapponese, cinese, filippino, anche il linguaggio dei segni), lavora all’allestimento dello "Zio Vanja" di Anton Cechov. Abituato a memorizzare il testo durante lunghi viaggi in auto, Kafuku è costretto a condividere l’abitacolo con una giovane autista: inizialmente riluttante, poco alla volta entra in relazione con la ragazza e, tra confessioni e rielaborazione dei traumi (nel suo passato c’è anche la morte della figlia), troverà un modo nuovo di considerare sé stesso, il proprio lavoro e il mondo che lo circonda.

Hamaguchi regala al pubblico un’opera che è pura poesia. Un dramma esistenziale che commuove e ci trasporta sulla scia del rumore sordo di un’auto sempre in moto. Drive My Car senza dubbio è segno di un cinema autoriale raccolto e umile. Una nuova visione poetica che ama raccontare la complessità della vita nella forma più semplice ed efficace possibile. 
da Aldo Pisano, www.anonimacinefili.it

Mendrisio

15.03.23 - 20:45, Cinema Multisala Teatro
⭕ Cineclub del Mendrisiotto
date de sortie 13.04.2022

Gran premio della giuria Orso d’argento Berlino 2021

Un triangolo amoroso inaspettato, un tentativo di seduzione che va storto e un incontro nato da un malinteso. La traiettoria di tre donne che dovranno fare una scelta… Queste tre storie sono state concepite come le prime tre di una serie di sette storie a tema “coincidenza e immaginazione”. La coincidenza mi ha sempre interessato. Mostrare la coincidenza è un modo per affermare che la rarità è l’essenza del mondo, più della realtà stessa. Mi sono reso conto di come esplorare questo tema offrisse prospettive narrative imprevedibili. Lasciatevi sorprendere dall’inaspettato del mondo._ _(Ryûsuke Hamaguchi)

Nel film di Hamaguchi c’è un Paese rigido che soffoca la spontaneità e che viene liberato tramite un’estetica controllata e minimale. Una semplicità di linguaggio rohmeriana attenta alle storie del quotidiano e una modalità di racconto che sfrutta la grande capacità di costruire storie tramite dialoghi brillanti. Un cinema totalmente delegittimato dal bisogno di dover per forza di cose spiegare i sentimenti umani. Un’estetica che si fa forte della scrittura e delle interpretazioni. Una regia che utilizza il fuoricampo e che allo stesso tempo non ha paura di svelare la presenza della macchina tramite zoom improvvisi. Il mezzo serve per mettere in scena racconti morali e avere finalmente una seconda possibilità per tutte le occasioni mancate nel reale.
da Carmelo Leonardi, www. Sentieriselvaggi.it

Locarno

24.03.23 - 20:30, GranRex
⭕ Circolo del cinema di Locarno

Lugano

07.03.23 - 20:30, Cinema Iride
⭕ Circolo del cinema Locarno

Mendrisio

08.03.23 - 20:45, Cinema Multisala Teatro
⭕ Cineclub del Mendrisiotto
date de sortie 10.04.2019

Migliore sceneggiatura ICS Cannes 2018

Asako, timida studentessa di Osaka, incontra Baku e si innamora di lui. Per sempre o almeno così vorrebbe Asako. Bello e volubile, Baku le promette l’eternità, ma poi un giorno sparisce, lasciando Asako senza respiro. Due anni più tardi a Tokyo Asako ritrova il suo doppio perfetto. Da principio turbata da questa strana somiglianza, si lascia andare di nuovo all’amore, che ha il volto di Baku, ma il carattere gentile di Ryohei. Con lui comincia una nuova vita e Asako sperimenta una nuova relazione sentimentale, più profonda, meno impetuosa. Ma il passato bussa alla porta e con lui il fantasma di una vecchia passione.

È un oggetto vagamente alieno questo Asako I & II (l’originale giapponese recita Netemo sametemo, letteralmente “anche se mi svegli”), che a suo tempo ha lasciato interdetta parte della platea al Festival di Cannes, che lo ha accolto con un applauso poco coinvolgente e soprattutto piuttosto trattenuto, quasi intimorito. Hamaguchi ha effettivamente diretto un’opera non priva di squilibri, ma ha avuto il coraggio di scrivere e mettere in scena un personaggio femminile che si muove al di fuori di gran parte dei canoni precostituiti.

da Raffaele Meale, www.quinlan.it

Locarno

20.03.23 - 18:30, GranRex
⭕ Circolo del cinema di Locarno
date de sortie 08.12.2021

Premio SACD (Director’s Fortnight) al Festival di Cannes 2021
Premio miglior opera prima ai César 2022.
«Here are the young men, the weight on their shoulders. Here are the young men, well where have they been?». La magnetica voce di Ian Curtis, frontman del gruppo britannico Joy Division, morto suicida nel maggio del 1980, è l’urlo di dolore che spazza via ogni speranza di futuro. Un anno dopo, nel maggio 1981, François Mitterrand vince la sua prima elezione per la presidenza della repubblica francese, ed ecco che il mondo sembra davvero poter finire da un momento all’altro. Una cittadina di provincia agli inizi degli Anni 80. Philippe vive nell’ombra del fratello Jérôme, leader della banda. Fra radio pirata, il garage del padre e la minaccia del servizio militare, ignorano che stanno vivendo gli ultimi momenti di un mondo che sta per sparire.

Presentato all’ultima Quinzaine des Réalisateurs e vincitore come miglior opera prima ai César, Les Magnétiques è l’opera prima di Vincent Maël Cardona. Un coming-of-age ipnotico e romantico, caratterizzato da una colonna sonora trascinante. Il timido protagonista, interpretato da un inesperto e ciononostante intenso Thimotée Robart, è un personaggio riuscitissimo che certamente si farà ricordare. Così la scena delle pulizie in caserma. Una decade tragica, segnata subito da un lutto diventato simbolo di una disperazione generazionale, che per alcuni sarà senza rimedio. Gli altri potranno fare affidamento a pochi strumenti di comprensione del mondo, fra i quali spicca la musica new wave. La radio come liberazione, via di fuga, valvola di sfogo. Le feste intorno al fuoco nella campagna più buia come consolazione rituale, al tempo debolezza congenita e forza motrice del sogno. Thimothée Robart ci accompagna in un viaggio tra canzoni come “Touche pas à mon sexe” e “Tombeau de mademoiselle”, prima che i Joy Division e gli Undertones dettino il tono. La musica è onnipresente per esorcizzare l’assenza, per mantenere un legame con i propri cari.
da Alessandro amato, www.sentieriselvaggi.it

Lugano

14.03.23 - 20:30, Cinema Iride
⭕ Circolo del cinema Locarno
date de sortie 09.03.2022

Miglior film Festival diritti umani 2020
Miglior film Festival del documentario Kassel 2020
Prix Gilda Vieira de Mello, FIFDH 2020

Città del Messico, marzo 2015, Carmen Aristegui, giornalista incorruttibile, a seguito della sua indagine sul caso “Casa Blanca”, viene licenziata sui due piedi dalla radio MVS, per cui lavorava da anni. Questo caso ha rivelato il conflitto di interessi tra l’allora presidente messicano Enrique Peña Nieto e un appaltatore statale: in cambio di una casa di lusso questo imprenditore si sarebbe aggiudicato un enorme contratto ferroviario dal governo. Sostenuta da oltre 18 milioni di ascoltatori, Carmen continua la sua lotta. Il suo obiettivo: risvegliare le coscienze e lottare contro la disinformazione. Questo film racconta la storia di questa ricerca difficile e pericolosa ma essenziale per la salute della democrazia. Una storia dove la resistenza diventa una forma di sopravvivenza.

Senza mai mostrare veramente (o solo brevemente) l’orrore, Juliana Fanjul lo suggerisce (il che è decisamente più forte), ci fa immaginare il peggio senza privare però mai la sua protagonista di quella gentilezza e senso dello humor che la rendono unica. La voce fuori campo della regista, le cui parole, spietate ma terribilmente reali, sono scelte con particolare cura, danno al film un sapore agrodolce, tanto poetico quanto spigoloso. “Siamo tutti Carmen”, scandisce la folla che protesta contro il suo licenziamento, come a ricordarci che in ognuno di noi si nasconde il coraggio di ribellarsi ad un discorso ufficiale bulimico e soporifico. Silencio radio arricchisce un discorso sul Messico che la regista tende a complicare ad ogni film. Come un caleidoscopio puntato su un mondo complesso e in costante mutazione che necessita visceralmente di voci e di immagini vere e coraggiose.
da Giorgia Del Don, www.cineuropa.org

Locarno

06.03.23 - 18:30, GranRex
⭕ Circolo del cinema di Locarno
date de sortie 21.03.2018

April lavora come prostituta in un night club fatiscente di Tbilisi, in Georgia, in un luogo nel quale a dominare sono gli uomini e le donne vengono trattate al pari di oggetti usa e getta. In tale contesto di disperazione, nei paraggi di un albergo di lusso, April incontra Dije, un giovane immigrato nigeriano (una sorta di outsider tra gli outsider) che inseguiva il sogno di raggiungere la Georgia degli Stati Uniti e che invece si è ritrovato lì. Entrambi alienati dalla società finiscono per innamorarsi.

È in questo spazio di emarginazione e persino di esclusione che prende forma la storia di April e Dije, che vivono all’ombra di una violenza sempre annunciata e mai manifestata. Questa presenza silenziosa della violenza gioca un ruolo decisivo nella drammaturgia, dando una fragilità e un’autenticità eccezionali a tutti i suoi personaggi. Anzi, più che una storia d’amore, con April e Dije si tratta innanzitutto di una storia di avvicinamento, di aiuto reciproco, di riconoscimento, di tenerezza. Nelle immagini notturne, la nitidezza dei contorni a volte viene persa, ed è come un balsamo che ammorbidisce i tratti troppo duri della realtà. L’atmosfera quasi sognante sembra funzionare come un dono che Naveriani fa ai suoi personaggi, regalandoci momenti di rara poesia.
da Giuseppe Di Salvatore, www.filmexplorer.ch

Locarno

17.03.23 - 20:30, GranRex
⭕ Circolo del cinema di Locarno

Miglior regia Festival Salonicco 2019
Dopo la morte di sua madre, un giovane soldato insediato nel deserto tunisino, ottiene un permesso di una settimana. Non tornerà mai più e abbandonerà l’esercito. In fuga, viene inseguito dalla polizia in un quartiere popolare. Anni dopo, una giovane donna incinta sposata con un ricco uomo d’affari vive in una lussuosa villa nel mezzo di una foresta. Un giorno incontra per caso un uomo dall’aspetto strano. È l’ex soldato. Questo incontro segna l’inizio di una serie di eventi misteriosi, che coinvolgono l’ex soldato, la donna incinta e il futuro bambino.

Inizialmente il film assume la forma di un thriller psicologico nel quale si vede la camera seguire incessantemente (o quasi) il protagonista e coglierne la lenta ma inesorabile trasformazione. La composizione del quadro riflette la narrazione e gli elementi architettonici sembrano intrappolarne i movimenti. D’altra parte le ottime riprese con il drone restituiscono ariosità e respiro fino all’implacabile e interminabile piano sequenza che chiude la prima parte. Nella seconda il quadro cambia: la macchina da presa indugia, l’ambientazione si sposta nella natura abbandonando la città. L’incontro tra i due personaggi apre alla comunicazione e allo scambio per quanto particolari. Il finale enigmatico riscrive e scardina in qualche modo i concetti socialmente acquisiti di gender, famiglia e maternità.
da www.locchiodelcineasta.com

Lugano

28.03.23 - 20:30, Cinema Iride
⭕ Circolo del cinema Locarno
date de sortie 05.04.2017

Una ragazza, un ragazzo. Vivono nello stesso edificio. Lei ama la musica, lui pure (ma non la stessa). Si incontrano in ascensore. Si odiano, si incrociano di continuo. E soprattutto: lei è cieca, lui ci vede perfettamente. Un giorno, provocatoriamente, le fa credere di essere anch’egli cieco. Quello che era uno scherzo di cattivo gusto si protrae, arriva l’amore, la situazione si complica e l’inganno diventerà esplosivo.

L’idea nasce da una capacità di osservazione della vita quotidiana, trasformata in storia, ponendo grande attenzione al dettaglio. “Vedevo ogni giorno una scena commovente nel mio quartiere: una madre cieca che accompagnava la bambina a scuola. Ho pensato che sarebbe stato interessante non oltrepassare la linea del politicamente corretto su una disabilità come la cecità, ma anche di cercare dei momenti ilari. E così è nata questa storia d’amore in ascensore. Mi è sempre piaciuto il cinema classico americano, come quello di Ernst Lubitsch, in cui l’eleganza si mescolava al tragico e al comico.”
da un’intervista con Axelle Ropert

Lugano

04.04.23 - 20:30, Cinema Iride
⭕ Circolo del cinema Locarno
date de sortie 01.02.2019

A Bright Light - Karen and The Process della regista svizzera Emmanuelle Antille, è un ritratto misterioso e toccante di una delle artiste più emblematiche (e segrete) della storia della musica. La regista percorre le tracce di Karen Dalton, accarezza con il suo sguardo acuto i luoghi che l’hanno accolta, ne assapora le atmosfere e ne restituisce l’aura grazie alle testimonianze delle persone che le sono state vicine.

Il film non vuole ricostruire cronologicamente la storia di una musicista dal destino tragico, eccezionale, fortemente libera, che ha rifiutato il sistema e i suoi compromessi, una delle voci più sorprendenti degli anni ’60, adorata dai suoi fans, sconosciuta al grande pubblico. Attraverso questa figura emblematica, il film per contro segue la ricerca di libertà e di espressione, un’indipendenza nel bene e nel male. Dal Colorado a Woodstock, da New Orleans a New York, tre donne viaggiano attraverso il paese alla ricerca di questa musa. Emmanuelle Antille utilizza le immagini come fossero delle tracce fugaci di un passato incerto: le deforma, trasforma e interroga, nella speranza di estrapolarne l’essenza. Karen Dalton ha vissuto in equilibrio costante tra realtà e oblio, fra palcoscenico e semi eremo, alla ricerca di un’impossibile pace interiore. Il film di Antille si nutre di quest’ambiguità e la sublima attraverso il gesto filmico.

da Muriel Del Don, www.cineuropa.org

Locarno

31.03.23 - 20:30, GranRex
⭕ Circolo del cinema di Locarno